(English version below)
In queste ultime settimane sono stata estremamente toccata dai grandi raduni di protesta
contro l’oppressione razziale e dalle immagini della brutalità di certi ufficiali di polizia che hanno attraversato i continenti, in cui decine di migliaia di persone sono in ginocchio o cantano: "Non riesco a respirare". Queste proteste si sono accese in seguito all'uccisione di un uomo afroamericano di nome George Floyd ad opera di un poliziotto violento e senza scrupoli.
Questi manifestanti chiedono giustizia e la fine dell'odio e del razzismo sistemico
profondamente radicati nelle leggi, nelle pratiche e nelle istituzioni degli Stati Uniti. L'ingiustizia razziale non è un nuovo fenomeno e nemmeno questo odio.
Sono certamente lontani I giorni della segregazione razziale e del movimento per i diritti
civili degli afroamericani in America, ma si puo’ e si deve fare certamente ancora qualcosa.
Allora mi sono chiesta, quanto e’ lunga questa strada? E a che punto siamo? Quanto manca
ad una vera applicazione universale del principio di uguaglianza di tutti gli uomini, senza
distinzione di razza, sesso, religione, idee politiche?
Mi e’ quindi venuta l’idea di questo cartoon, che ho pensato di condividere con voi….
Io credo che l'odio razziale si generi quando le persone crescono con l’idea che sia
necessario guadagnare potere sugli altri, per affermarsi e sopravvivere. Quando l’idea del
diverso da noi genera una paura irrazionale e ingiustificata, supportata anche da idee
politiche estreme e folli.
Ma qual è l'origine dell'odio razziale?
Non siamo nati per odiare quelli che sono diversi da noi. Questa è la verità che mi sento di
affermare. Se parli con i bambini, loro non vedranno alcuna differenza per quanto riguarda il
colore della pelle di una persona o se quella persona crede in Vishnoo o in Gesù o in Hallah.
Per la mente pura di un bambino siamo davvero tutti uguali, anche se sembriamo diversi o
agiamo in modo diverso.
Quindi, cosa cambia il modo in cui le persone pensano nel corso della loro vita?
Questo odio è qualcosa che viene in qualche modo insegnato. Le persone imparano ad essere ciò che la loro società e il loro contesto culturale insegnano loro. Ad alcuni viene insegnato fin dalla nascita che stabilire il proprio potere e il proprio valore deriva dal degrado degli altri.
La sfida oggi è, se alle persone viene insegnato a odiare, c'è un modo per porre fine anche a questo odio? C'è un modo di sradicare questi sentimenti dalla mente delle persone, in modo tale che se si può imparare ad odiare si puo' anche 'disimparare’?
Cosa possono fare la scuola o il nostro sistema educativo in generale per promuovere una
cultura di tolleranza, rispetto e uguaglianza?
Credo veramente che la scuola abbia un ruolo fondamentale per insegnare ai bambini ad
apprezzare tutte le culture, tutte le razze e tutte le credenze. Se il multiculturalismo diventa normalità e, anzi un valore, allora sviluppare un odio così forte per razze o credenze diverse diventa quasi impensabile. Invece, una persona che vive in un contesto di chiusura, dove la segregazione culturale, religiosa o razziale è considerata appropriata, man mano che cresce ogni piccola scintilla di frustrazione a trasformarsi in odio verso quelli che non sono come loro.
Esiste quindi un modo in cui la politica possa promuovere strategie di inclusione, tolleranza
di tutte le razze e religioni e fornire pari opportunità a tutti?
Come la Premier Neozelandese Jacinda Arden (che io ammiro molto come donna e come
Premier) ha recentemente dichiarato alla 39sima Assemblea Generale delle Nazioni Unite: "Come politici e governi, tutti dobbiamo operare delle scelte su come rispondere a queste sfide. Possiamo usare le circostanze correnti per incolpare qualcuno senza nome, senza volto, e alimentare cosi’ il senso di insicurezza delle persone, per rinchiuderci in un terribile
isolazionismo. Oppure possiamo riconoscere i problemi che abbiamo e cercare di risolverli
con dei gesti concreti, promuovendo un diverso ordine mondiale, che metta la gentilezza
davanti all'isolazionismo, al rifiuto e al razzismo.”
Quindi ancora una volta io credo che spetti alla nostra generazione percorrere questo
ultimo tratto di strada, e mettere in pratica quello in cui crediamo per creare un mondo piu’
giusto e piu’ libero.
La nostra e’ infatti una generazione senza confini - almeno in senso virtuale. Una
generazione che si vede sempre più come cittadini globali. E mentre la nostra realtà cambia,
ci aspettiamo che anche il nostro impatto collettivo, possa cambiare il mondo.
Are we there yet?
Over the past few weeks, I have been extremely touched by the large protests
against racial oppression and by the images of police brutality that have crossed continents, where tens of thousands of people are shouting: "I can't breathe". These protests flared up following the killing of an African American man named George Floyd by a violent and unscrupulous policeman.
These protesters are demanding justice and an end to systemic racism
deeply rooted in the laws, practices, and institutions of the United States. Racial injustice is not a new phenomenon and neither is this hatred.
The days of racial segregation are certainly long gone, but something can and must certainly be done to improve the situation for African-Americans in the United States.
I asked myself, how long is this road? Where are we? Are we there yet? How much time is missing until the principle of equality for all, without distinction of race, sex, religion, political ideas, is universally applied?
I drew this cartoon, which I thought I would share with you. Racial hatred is generated when people grow up with the idea that it is necessary to gain power over others in order to succeed and survive. The concept of ’different’ generates an irrational and unjustified fear, which is further supported by the ideas of extreme politics and media.
But what is the origin of racial hatred?
We were not born to hate those who are different from us. This is the truth that I feel like asserting. If you talk to children, they won't see any difference in terms of a person's skin color or whether that person believes in Vishnu or Jesus, or Hallah. To a child's pure mind we are truly all the same, even if we appear different.
So what changes the way people think over the course of their life?
This hatred is somehow taught. People learn to be what their society and cultural context teaches them. Some are taught from birth that establishing their own power and worth comes from the degradation of others.
The challenge today is, if people are taught to hate, is there a way to end this hatred too? Is there a way to eradicate these feelings from people's minds, so that if you can learn to hate you can also 'unlearn'?
What can the school or our education system, in general, do to promote one culture of tolerance, respect, and equality?
I truly believe that the school has a fundamental role in teaching children to
appreciate all cultures, all races, and all beliefs. If multiculturalism becomes normality and, indeed a value, then developing such a strong hatred for different races or beliefs becomes almost unthinkable. Instead, a person who lives in a context of closure, where cultural, religious, or racial segregation is considered appropriate, as each little spark of frustration grows to turn into hatred of those who are not like them.
There is therefore a way in which politics can promote strategies of inclusion, tolerance of all races and religions, and provide equal opportunities for all.
Like New Zealand Premier Jacinda Arden (whom I admire very much as a woman and as Premier) recently declared at the 39th General Assembly of the United Nations: "As politicians and governments, we all have to make choices about how to respond to these challenges. We can use current circumstances to blame someone without a name, without a face, and thus fuel the sense of insecurity of people, to lock us up in a terrible isolationism. Or we can recognize the problems we have and try to solve them with concrete gestures, promoting a different world order, which brings kindness in the face of isolationism, rejection, and racism. "
So, once again, I believe it is up to our generation to go through the last stretch of the road and put into practice what we believe in to create a more fair and freer society.
Ours is a generation without borders - at least in a virtual sense. We are part of a
generation that sees itself more and more as global citizens. As our reality changes, we also expect our collective impact to change the world.
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