Dopo 5 anni di Liceo e una pandemia, uscire per l’ultima volta dal grande portone di legno della mia scuola, mi è sembrato quasi surreale.
5 anni fa salivo per la prima volta quella scale, incrociavo gli sguardi dei miei compagni, iniziavo a stringere amicizie indissolubili e a imparare declinazioni, fatti, dati, nozioni, formule, quando il mio interesse era già proiettato su quanto avveniva nel mondo, quello fuori dalle quattro mura che hanno accolto e protetto qualche centinaio di generazioni di adolescenti.
Ho sempre amato imparare, ma ugualmente sentivo la necessità di essere, a pieno titolo, nel mondo, impegnandomi come cittadina, volontaria, attivista. E infatti proprio a scuola è iniziato il mio impegno di cittadinanza attiva, come rappresentante di classe. Presto è subentrato il volontariato con UNICEF: ho cominciato a organizzare incontri per gli studenti nella mia scuola, assemblee di istituto, poi ho iniziato condividere la mia esperienza nelle scuole, ancora da studentessa, partecipando a dibattiti e assemblee, questa volta come ospite e ho compreso quanto grande sia il potenziale della nostra generazione e quanto sia fondamentale includere i giovani, studenti e non, nelle decisioni che ci riguardano.
Ma il liceo non è stato soltanto la culla del mio attivismo. È stato anche impegno sui libri, risate con le amiche, stanchezza, a volte noia, a volte entusiasmo. Sono stati i progetti extra-curricolari a cui ho partecipato: le ore pomeridiane passate a lavorare a un position paper per un Model UN o a un progetto d’impresa per una competizione di Confindustria, e le serate passate a studiare greco o filosofia.
Il liceo, per me come per tanti miei coetanei è stato anche pandemia e didattica a distanza, con la difficoltà a seguire le lezioni, il paradosso della vita vissuta nello spazio della propria camera, il sacrificio di alcune esperienze fondamentali e la paura di aver perso alcuni degli anni più belli della vita.
Abbiamo imparato tanto, come generazione, in questa manciata di anni: la resilienza, il senso civico, la necessità di tutelare i più fragili, la solidarietà; non solo fatti e nozioni. E non siamo, ne sono sicura, una generazione perduta. Al contrario, siamo la generazione che, forse più di ogni altra nella storia, è consapevole del proprio potenziale ed è determinata a rendere il pianeta un posto migliore in cui vivere. Siamo piuttosto la generazione della resilienza e della rinascita.
E allora, uscendo da quel portone di legno per l’ultima volta, in cammino verso il futuro, verso l’indipendenza, le scelte di vita che ormai dipendono solo dalla nostra volontà, con l’entusiasmo di chi è determinata a lasciare il proprio impatto nel mondo ed è innamorata della vita e vuole coglierne ogni attimo, si sono condensati nei miei pensieri i 5 anni passati e, in qualche modo, anche quelli che verranno, mentre correvo ad abbracciare amici e familiari rimasti ad aspettare fuori, in un mattino di Giugno.
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