
di Lara Savini
Ogni anno, l’8 marzo arriva con il suo carico di mimose e auguri, ma fermiamoci un attimo: c’è davvero qualcosa da festeggiare?
La Giornata Internazionale della Donna non dovrebbe essere un’occasione per comprare fiori o altri regali, al contrario dovrebbe essere vissuta come un giorno in cui ricordare i diritti ottenuti e riflettere sulla situazione attuale. Basta guardare la realtà in Italia, attraverso i dati, per capire che non c'è molto da festeggiare.
Secondo i dati ISTAT, il 31,5% delle donne ha subito nel corso della propria vita qualche forma di violenza fisica o sessuale. Le forme più gravi di violenza sono spesso esercitate da partner o ex partner, parenti o amici.
Inoltre, secondo l’ultimo rendiconto di genere pubblicato dall’INPS, le donne in Italia sono meno occupate, meno pagate (con stipendi inferiori del 20% rispetto agli uomini) nonostante siano più istruite. Infatti, la superiorità relativa al percorso di studi non si traduce in una maggiore presenza nelle posizioni di vertice nel mondo del lavoro. Essere donna in Italia significa ancora fare il doppio della fatica per ottenere la metà del riconoscimento. Per non parlare del lavoro di cura* che continua ad essere sulle spalle delle donne, per esempio nel 2023 le giornate di congedo parentale utilizzate dalle donne sono state 14,4 milioni, contro appena 2,1 milioni degli uomini.
Quindi no, l’8 marzo non è una festa. È un promemoria. Un invito a non dare per scontati i diritti conquistati e a lottare per quelli che ancora mancano, perché fino a quando una sola donna sarà vittima di violenza, discriminazione o ingiustizia, il nostro dovere è continuare a far sentire la nostra voce!
Created by Lara Savini
*Lavoro di cura: pratiche di lavoro domestico non formale svolte a favore di soggetti non indipendenti, come bambini e anziani. Spesso viene definito anche come 'responsabilità di cura', poiché non è economicamente retribuito.
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